5. BILL VIOLA
L’artista statunitense Bill Viola (New York,1951) è una delle figure più importanti della Video Art contemporanea. E’ considerato un pioniere di questa forma espressiva, insieme a Nam June Paik e a Gary Hill, nella quale si è sempre espresso con coerenza e sobrietà, senza mai cadere in eccessivi effetti spettacolari e cercando un riferimento con l’arte tradizionale, con la quale ha mantenuto un profondo dialogo.
Il video diventa nelle sue opere, dai tapes alle installazioni, il veicolo di esplorazioni di un vissuto interiorizzato, di situazioni esistenziali reali o inconscie, di analisi focalizzate in una introspettiva segnata da una mitologizzante spiritualità.
Viola parte da ricerche sul rapporto tra la musica elettronica e l’immagine.
Le immagini quindi prodotte dai video sono tutte manifestazioni di un’arte che ha scoperto la materia non solo come strumento e corpo dell’idea, ma come oggetto e fine dell’opera stessa. Cosicché l’opera acquista carattere d’arte nel gesto dell’autore che coglie l’oggetto nel fruire casuale della realtà e lo isola dal suo contesto.
Dopo le iniziali esperienze degli anni Settanta, negli Stati Uniti (lavora con il gruppo musicale Rain Forest di David Tudor e al Synapse Video Center di Siracuse)e in Italia (tecnico presso Art/Tapes/22 a Firenze), seguono numerosi viaggi, l’interesse per il misticismo e le filosofie orientali.
La materializzazione della memoria, la dilatazione del tempo, lo scavalcamento dei confini della percezione comune, l’attitudine a trattare il suono come materia plastica e le immagini come onde sonore sono temi ricorrenti nelle sue opere.
Fin dai primi lavori degli anni Settanta l’artista inventa immagini e modi di percezione che trasportano in una dimensione al di là che è ciò materialmente visibile, attingendo ai grandi esempi del passato e alle quotidiane emozioni della vita presente, alla natura e all’uomo.
In Chott-el-Djerid, un videotape del 1979, protagonista è la luce-calore del deserto, in cui vacillano i contorni, vibrano i colori e le forme; è il miraggio e l’allucinazione di una perturbante condizione della natura che obbliga come afferma Viola, “a rimettere in questione la nostra percezione della realtà… E’ come se ci ritrovasse, fisicamente, nel sogno di un altro”
In molti lavori l’artista si concentra in una meditazione sulle condizioni spirituali dell’esistenza- sul tempo e sulla memoria- tra gli estremi della nascita e della morte.
Uno dei temi ricorrenti in Viola è l’ascesa alla vita e alla coscienza, resa attraverso la metafora di una figura umana che fluttua passivamente sott’acqua, lentamente, silenziosamente, e che emerge all’aria con fragore, come se risalisse da inquiete e immemore lontananze; si trova nel pannello centrale di Nantes Tryptch (1992), in The Messenger (1996) e in The Crossing (1996).
In Nantes Tryptch l’artista qui riesce a trovare un legame fra la tecnologia e i più antichi interressi dell’uomo: la nascita rimane uno dei più grandi miracoli, la morte rimane la paura per eccellenza.
Viola riesce a confrontarsi con il tema morte/nascita attraverso le immagini di una donna agonizzante e di un neonato, con i paesaggi, con i movimenti di un uomo ripresi sott’acqua. Tutte le immagini sono collegate acusticamente da un respiro pesante che si sente regolarmente.
Al centro di Nantes Tryptch sta l’inquieto dormiente, nella cui coscienza e subcoscienza si incidono in maniera indelebile la morte e la nascita; un dormiente, in cui non è difficile riconoscere l’artista.
In The Messenger la sequenza dell’immagine si ripete continuamente con l’uomo che riemerge e riaffonda con un ritmo perpetuo, descrivendo il ciclo costante della nascita e della morte, funzionando come un ingranaggio della respirazione dello spazio.
Un’altra componente importante del lavoro di Viola è il riferimento alla storia dell’arte come fonte di suggestioni iconografiche, compositive e formali da interpretare nella specificità del proprio linguaggio e sulla base del senso profondo dell’arte come esperienza spirituale. Questo tipo di ricerca si ritrova negli effetti pittorici di molti suoi lavori come nelle evocazione degli antichi polittici o nel formato di molte istallazioni, e raggiunge consapevole completezza nel celebre The Greeting (1995), presentato alla 46° Biennale di Venezia come parte di un insieme di cinque installazioni intitolate “Buried Secretes”.
L’ispirazione per The Greeting viene dal pittore manierista Jacopo da Pontormo, in particolare dal dipinto “L’Annunciazione” che ritrae il momento nel quale Maria annuncia a Elisabetta del “divino bambino”. L’opera di Viola inizia con due donne – una più giovane e una più anziana – intente nella conversazione. Dopo alcuni minuti trascorsi in tale situazione, una terza donna entra in scena e interrompe il dialogo, rivolgendo un ringraziamento alla donna più anziana con un gesto più esplicito.
Con l’espressione delle posture facciali diventa evidente che la donna più giovane la conosce bene mentre l’altra, meno o forse non abbastanza. La terza donna bisbiglia all’orecchio della sua amica mentre l’abbraccia, isolando ulteriormente la nuova arrivata.
Tuttavia, Viola ,non era interessato alla interpretazione dell’annunciazione ma desiderava usare il quadro come “guida per fare qualcosa di nuovo” egli, infatti, cattura lo spirito di tale pittura, come si vede negli indumenti riccamente colorati delle donne, ma lo trasporta in una visione e condizione contemporanea, che immagina uno sfondo urbano con fabbricati industriali.
Filmato come unico scatto eseguito da una macchina fotografica fissa e presentata all’osservatore come un movimento lento che intensifica i movimenti, i gesti e le emozioni delle figure. Questa introduzione dell’immagine in movimento che intensifica la percezione del tempo può considerarsi tanto determinante quanto l’affermazione della prospettiva da parte di Brunelleschi. L’opera mostra la sua grandezza anche nella esasperata dilatazione del tempo che realizza (dilata circa 45 secondi reali fino a portarli a 10 minuti di proiezione).
E’ come se Bill Viola avesse passato La visitazione alla “moviola”.
Esplorazione psicologica, svolgimento lentissimo, raffinatezza di immagini, di allestimenti semplificati, di citazioni di antiche raffigurazioni artistiche si coagulano anche in altre opere recenti in cui Viola configura complessi cicli narrativi e simbolici come se fossero affreschi elettronici (Going Forth By Day 2002)
L’opera è composta da cinque proiezioni di VDH (High Definition Video) di circa 35’ durante i quali vengono esplorati i differenti stati di nascita, morte, resurrezione. I titoli dei differenti lavori: “Fire/Birth”, “The Path”, “The Deluge”, “The Voyage”, “First Light”, evocano la dimensione mitica e atemporale. L’opera sembra un grande affresco in “movimento” che dimostra la capacità di riuscire a recuperare l’eredità del passato. Utilizza quale fonte di ispirazione il ciclo di affreschi realizzati da Giotto per la Cappella degli Scrovegni di Padova.
Sembra un grande affresco in “movimento”, che dimostra la capacità dell’artista di riprendere il passato.
Nella sua ultima mostra, Bill Viola: The Passions (varie sedi 2003-2004), presenta ben tredici lavori diversi sul tema della raffigurazione delle emozioni, rielaborando teorie e modelli iconografici della pittura tra il Quattrocento e il Seicento.
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