mercoledì 15 ottobre 2008

7. SCHÖNBERG E LA DODECAFONIA

Schönberg oltre ad essere musicista si accostò anche all’avanguardia artistica; dipingendo quadri ed entrando in intima amicizia col pittore Kandinskij, col quale, insieme ad altri artisti, fondò il Cavaliere Azzurro. Collaborò con un importante saggio intitolato “Il rapporto col testo”, dove vengono affermati i principi estetici ed etici dell’espressionismo: Schönberg rigetta sia la riforma formalistica, sia quella che vuole interpretare la musica vocale in rapporto al senso letterale di un testo anzi che nella sua intima essenza “espressiva”, così come il compositore l’ha accolta in uno stato quasi di trance, “Nell’ebbrezza della sonorità iniziale delle prime parole”. In base a questi principi nasce l’opera più famosa di Schönberg “Pierrot Lunaire”, che si può considerare il manifesto dell’espressionismo musicale.
Pierrot Lunaire denuncia la crisi dell’uomo come soggetto, cioè dell’individuo, nell’alienazione della società che sta precipitando nella guerra.
Quest’opera teatrale mira a una forma di rappresentazione “totale”, nella quale l’idea di Kandinskij e di Schönberg coincidono nel proporre un teatro dove suono, colore, parole e azione mimica si fondono in un unico piano prospettico.
Dal punto di vista del linguaggio musicale, Schönberg è arrivato alla “atonalità” ossia la dissoluzione della tonalità.
A questo punto nasce nel compositore l’esigenza di riorganizzare i mezzi formali della costituzione musicale, nasce l’idea di un nuovo “metodo per comporre mediante 12 suoni che non stanno in relazione tra loro”.

Pierrot Lunaire: composta nel 1912 è l’opera più famosa di Schönberg per la novità degli impasti timbrici, per la sua carica espressiva, per la sua particolare tecnica vocale. E’ un ciclo di 21 brani su poesie. L’immagine romantica di Pierrot, eroe malinconico e triste, è deformata in smorfie, proiettata in immagini grottesche, ora ironiche, in visioni allucinate.
I brani sono raggruppati in tre parti comprendenti sette poesie ciascuna. Ogni parte è diversa dall’altra. Nella prima parte, Pierrot si presenta nella sua veste di poeta della sofferenza – ohimè – incantato dal pallido chiarore della luna che egli evoca immagini ricche di macabra ironia e vagamente morbosa….Nella seconda parte, pervasa da un tono angoscioso, il protagonista si immagina assassino, sadico, violatore di sepolcri; quindi è un ombra notturna in preda alla follia…” Nella terza e ultima parte, Pierrot si abbandona alla sdolcinata sentimentalità, alla buffoneria grottesca e alla nostalgia per i tempi più felici del passato.

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